Dal 1° luglio 2020 si introduce un limite all’uso del denaro contante: saranno vietati acquisti per contanti per importi superiori ai 2.000 euro, si dice per contrastare l’evasione fiscale. Ci è venuta la curiosità di conoscere le abitudini di pagamento degli Italiani, e abbiamo trovato in rete uno studio della Banca d’Italia (a cura di Giorgia Rocco) pubblicato lo scorso anno (2019) e che si basa su un’analisi della BCE condotta nel 2016 su un campione di circa 65.000 individui. Molti dati storici indicano una tendenza all’uso del denaro contante che probabilmente non è cambiata negli ultimi due anni.
Innanzitutto, Negli ultimi anni la domanda di contante ha continuato a crescere in molte economie (Jobst & Stix, 2017): per l’euro il valore delle banconote in circolazione è cresciuto costantemente da gennaio 2008 a dicembre 2017, con un tasso medio annuo del 6,1 per cento (Lalouette & Esselink, 2018). Contemporaneamente, l’offerta degli strumenti di pagamento a disposizione dei consumatori si è continuata a sviluppare, con forme sempre più evolute, come ad esempio la possibilità di pagare con gli smartphone. L’uso degli strumenti elettronici per i pagamenti è aumentato in tutto il mondo, anche se non si hanno evidenze di una sostituzione del contante
Nell’area EURO
I risultati per l’Area euro hanno mostrato che nel 2016 circa il 79 per cento di tutti i pagamenti nei POS è stato effettuato in contanti, il 19 per cento con carte e il 2 per cento con altri strumenti di pagamento; la ripartizione in valore è stata del 54 per cento in contanti, del 39 per cento con carte e del 7 per cento con altri strumenti. I dati hanno mostrato differenze sostanziali tra i 19 Paesi: l’uso del contante è più diffuso nel sud dell’Area euro, in Germania, Austria e Slovenia. In questi Paesi il numero delle transazioni in contante è risultato pari ad almeno l’80 per cento del totale di quelle registrate nell’indagine. In Olanda, Finlandia ed Estonia l’uso del contante appare molto contenuto, con una quota delle relative transazioni, in volume, compresa tra il 45 e il 54 per cento. In termini di valore la percentuale di utilizzo del contante è risultata più elevata per Grecia, Malta, Cipro e Italia (oltre il 68 per cento) mentre è apparsa più contenuta nei Paesi del Benelux, Estonia, Finlandia e Francia (inferiore al 33 per cento).
E in ITALIA?
In sintesi, le analisi condotte sui dati della BCE evidenziano che in Italia, nel 2016:
- il contante è stato lo strumento più utilizzato per i pagamenti nei punti vendita: 85,9 per cento delle transazioni totali (68,4 per cento in valore), anche se carte e strumenti alternativi sarebbero preferiti nel caso in cui l’individuo possa scegliere il metodo di pagamento senza vincoli;
- gli strumenti alternativi al contante più usati sono state le carte di pagamento (di debito, di credito, prepagate) con le quali sono state regolate il 12,9 per cento delle transazioni (28,6 per cento in valore). È risultata invece ancora poco diffusa la tecnologia contactless;
- il valore medio delle transazioni è stato di €13,57 in contanti, di €37,70 per le carte. Al crescere del valore delle transazioni diminuisce la quota di pagamenti effettuati in contanti. La circostanza che le transazioni considerate nel diario sono quelle presso i punti vendita, per cui gli importi risultano piuttosto ridotti (il 90 per cento è inferiore a €40,00), potrebbe spiegare il dato sul maggiore utilizzo del contante rispetto agli altri strumenti di pagamento.
Con riferimento alla localizzazione geografica e alla ripartizione secondo alcune variabili demografiche (genere, età, occupazione, fascia di reddito) è emerso che il contante è maggiormente utilizzato:
- al Centro-Sud piuttosto che al Nord;
- dalle donne, dai giovanissimi e da persone con reddito più basso.
La ripartizione per occupazione mostra una maggiore propensione all’uso del contante da parte di lavoratori autonomi, casalinghe, studenti e persone in cerca di lavoro.
A questi fattori socio-demografici potrebbe essere associata una minore autonomia nella scelta del metodo di pagamento: ad esclusione dei lavoratori autonomi, le categorie che hanno mostrato un maggiore utilizzo del contante potrebbero dipendere economicamente da altri, che decidono quindi il mezzo con cui sovvenzionarli.
L’utilizzo di strumenti alternativi, in particolare le carte, è maggiore per:
- gli intervistati con più elevato grado di istruzione o che non hanno ancora completato gli studi;
- le persone con redditi medio-elevati; gli impiegati e i pensionati.
Il minore utilizzo di contante per queste categorie è probabilmente dovuto alla loro “bancarizzazione”: essi tipicamente ricevono il loro stipendio tramite accredito su conto corrente e possono quindi esprimere la propria propensione all’utilizzo degli altri strumenti alternativi.
Un altro fattore esaminato è il luogo/tipo di acquisto. Sono state regolate in contanti oltre il 90 per cento delle transazioni peer to peer (es. carità e volontariato, servizi domestici); quelle che avvengono tramite distributori automatici e chioschi (è possibile che qui la scelta sia vincolata dalla indisponibilità della tecnologia); in ristoranti, bar e caffè, dove invece sono accettati strumenti alternativi. A quest’ultimo riguardo l’indagine ha fatto emergere che gli “acquisti giornalieri” – quelli effettuati presso supermercati, fornai, farmacie, tabaccai, etc., che costituiscono la quota più rilevante delle operazioni registrate – sono stati prevalentemente effettuati in contanti, anche quando erano disponibili alternative, probabilmente in ragione del più basso valore medio delle operazioni.
La scelta dello strumento di pagamento è quindi influenzata dalle caratteristiche della transazione, ancor più che dai fattori socio-demografici: il contante domina nei pagamenti quotidiani di importo ridotto (micro-pagamenti).
In conclusione, il contante avrà ancora un futuro a fini transazionali fino a quando sarà utilizzato nei micro-pagamenti: la tecnologia contactless, che si pone come diretta concorrente in questo segmento, sembrerebbe ancora poco diffusa e poco utilizzata in Italia. Un rapido sviluppo di app e pagamenti via smartphone potrebbe avere impatti sull’utilizzo del contante, se questi metodi venissero accettati presso i luoghi di acquisto quotidiani (bar, tabaccherie, fornaio etc.). L’effetto di sostituzione sarebbe maggiore nel caso in cui fosse implementato lo scambio anche tra pari: alcuni individui dipendono da altri per le proprie entrate, venendo quindi condizionati anche nella scelta degli strumenti di pagamento; ad esempio la categoria dei più giovani effettua poche transazioni e in prevalenza in contante, lo scenario potrebbe cambiare se i genitori passassero i soldi ai propri figli tramite una app.
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